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Diritto all’oblio e libertà di informazione: quale bilanciamento?

di Federica De Stefani, avvocato e responsabile Aidr Regione Lombardia

L’annoso problema del bilanciamento tra il diritto all’oblio e la libertà di informazione ritorna al centro di un provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali.

Il confine incerto tra la libertà di informazione da un lato e il diritto all’oblio dall’altro, nell’accezione di diritto ad essere dimenticato (l’art. 17 del Regolamento riporta “right to be forgotten” tradotto in italiano in diritto all’oblio), viene – nuovamente – precisato dal Garante che torna ad occuparsi del caso di un articolo pubblicato su un quotidiano nazionale online.

Nello specifico, un cittadino chiedeva di ordinare all’editore della testata giornalistica online di cancellare i propri dati personali da un articolo pubblicato in estratto nell’archivio online. L’uomo, infatti, sosteneva che l’articolo gli recasse pregiudizio e non fosse più attuale, dal momento che riguardava una vicenda giudiziaria, occorsa nel 1998, in cui egli era stato imputato di appropriazione indebita aggravata. L’interessato si doleva inoltre che non fossero stati riportati i successivi sviluppi del caso, sfociati in una sentenza della Cassazione di prescrizione dell’imputazione. Lamentava infine che l’editore non avesse dato riscontro alla sua istanza per l’esercizio dei diritti.

Il Garante, nell’esaminare la vicenda, sottolinea ancora una volta alcuni importanti principi.

In primo luogo, per quanto attiene al diritto di cronaca giornalistica, viene ribadita la liceità del trattamento dei dati personali di un soggetto menzionato all’interno di un articolo, poiché questo diritto risponde all’interesse del pubblico di conoscere le vicende riportate, anche in considerazione dell’attività professionale e della notorietà del soggetto menzionato (a tal riguardo si veda l’art. 6 delle Regole deontologiche).

Si aggiunga, inoltre, che il trattamento dei dati personali del soggetto a cui si riferisce l’articolo di cronaca risulta lecito anche nell’ipotesi in cui la notizia venga inserita in un archivio online.

In questo caso, infatti, sebbene la notizia sia risalente nel tempo, sussiste una legittima finalità di archiviazione storica che, pur se differente rispetto alla originaria finalità di cronaca giornalistica, a norma dell’art. 5, par. 1, lett. b) ed e), del Regolamento e dall’ art. 99 del Codice privacy, risulta compatibile con la stessa e consente, pertanto, di trattare i dati  oltre il periodo di tempo necessario per conseguire i diversi scopi per i quali i dati sono stati in precedenza raccolti o trattati.

Nel caso sottoposto all’analisi del Garante, l’accesso all’archivio era, poi, consentito solamente agli utenti abbonati al servizio e la notizia era rintracciabile solo attraverso specifici parametri di ricerca, come titolo, autore dell’articolo o argomento trattato.

Il Garante sottolinea, inoltre, l’idoneità della misura della deindicizzazione nei motori esterni al quotidiano online, ormai disposta da diverso tempo, a garantire il bilanciamento tra i diversi e opposti interessi delle parti, ossia il diritto all’oblio dell’interessato e il diritto all’informazione giornalistica.

Resta un ulteriore aspetto da considerare, attinente al diritto, dell’interessato, di ottenere l’aggiornamento o l’integrazione della notizia di cronaca che lo riguarda.

Nel caso analizzato l’aggiornamento, in effetti, non era mai stato effettuato, ma dall’istruttoria svolta dall’Autorità è emerso che il mancato aggiornamento era attribuibile esclusivamente all’inerzia dell’interessato che non aveva mai fornito all’editore la documentazione necessaria per integrare la notizia aggiornandola con gli ultimi sviluppi, non potendo, per questo motivo, risultare inadempiente.

La vicenda analizzata, infine, ha comportato a carico dell’editore l’irrogazione di una sanzione amministrativa per aver omesso di dare riscontro alle richieste dell’interessato volte a esercitare il diritto all’oblio con riferimento all’articolo che lo vedeva coinvolto.

Sebbene il procedimento abbia ritenuto infondate le richieste dell’interessato, il mancato riscontro da parte dell’editore alle richieste avanzate, ha integrato un illecito amministrativo a norma dell’art. 83 paragrafo 5 del Regolamento.

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